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L'Atelier delle Idee.

Scienza & metodo Biostoria

Scienza & metodo Biostoria
Prof. Antonia Colamonico, epistemologa.

Centro Studi - Acquaviva F. (BA)

Centro Studi - Acquaviva F. (BA)
aula cenacolo

domenica 23 gennaio 2011

Il declino di una parola: Teorema.

Antonia Colamonico (biostorica)




(M. Mastroleo, Creste matematiche di dinamiche informative)


In questa babele mediatica, giudiziaria e politica che sta abbuiando i veri problemi italiani che sono di natura prettamente economica e sociale – la forte sperequazione tra ricchi e poveri - la cosa che mi lascia alquanto dubbiosa, come biostorica, è sul come sia imploso il significato di Teorema.

Non so se sono così attenta alle matematiche solo per per un fatto genetico, dato che sono cugina di un famoso matematico e io stessa madre di un matematico, ma tale ragionamento l'ho sempre giustificato come una forma di garanzia circa la coerenza di un'idea e la sua spendibilità sul piano storico.

Personalmente mi piacerebbe essere ricordata come una storica aperta alla logica matematica, anche se ho una certa difficoltà nel calcolo minuto, perché avvilisce la potenzialità di una mente; infatti un altro matematico Pascal immaginava la possibilità di strumenti di calcolo per liberare il pensiero dalla ripetitività mnemonica del far di conto, lasciandogli così la libertà di scoprire teoremi.





Il valore di un teorema è nella sua spendibilità nel piano della vita, ad esempio il “teorema di Pitagora” ( In ogni triangolo rettangolo, l'area del quadrato costruito sull'ipotenusa è equivalente alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui cateti.) ha un significato reale, poiché si inserisce in un momento evolutivo della stessa dinamica storica che si stava interrogando sulle forme, in modo particolare, i quadrati.

Il passaggio dal sistema di raccolta di frutti spontanei e di caccia a quello agricolo, aveva posto sotto i riflettori delle menti dell'epoca il “trattamento dei suoli” per un'efficace coltivazione agricola:

  • I contadini-studiosi cercarono di scoprire le relazioni tra la posizione dei terreni e le tecniche di rotazione; i criteri di canalizzazioni e la rigenerazione delle zolle; la selezione delle sementi e le rese dei raccolti; i tempi della luna e le fasi di aratura-semina-raccolta. Non è un caso che i primi calendari fossero lunari, per memorizzare le stagioni delle fasi agricole.

Come si può ben comprendere il teorema pitagorico era un tutto-uno con le attività umane, lo stesso teorema era un criterio di conoscenza per svelare le relazioni vitali atte alla permanenza storica:

  • l'assenza di una relazione, di una connessione avrebbe potuto significare l'estinzione di una data società.

Nei documenti trovati, appare che il suo enunciato fosse già noto ai babilonesi e anche ai cinesi ed indiani, non a caso tre tra le più grandi civiltà agricole.

Tutto lo studio intorno al quadrato era un ottimo ragionamento per la divisione dei suoli onde evitare, ad esempio con un cerchio, lo spreco di terra nella canalizzazione per far fluire l'acqua nelle inondazioni, così come i terrazzamenti con i muretti a secco. Il ragionamento quindi era funzionale al miglioramento dello stile di vita ed esso assumeva un risvolto non solo cognitivo-economico-sociale ma anche etico.

Oggi a cosa si sta assistendo?

Alla negazione del valore storico del ragionare intorno alle cose, dello scoprire le relazioni che rendono le risposte storiche coerenti/incoerenti, funzionali/non funzionali al permanere nella storia!

L'abuso intorno alla parola teorema è una manovra politica e sociale con cui si vorrebbe convincere la gente comune, quella che tutte le mattine si alza per andare a lavorare, che il ragionare è pura perdita di tempo, poiché si costruiscono castelli di sabbia. Ma se una civiltà smette di leggere le trame del suo tempo e si lascia catturare dall'immediatezza del semplice apparire, quella società taglia i legami vitali tra il passato e il futuro e diviene un automa, una macchia di carne e ossa che ha una semplice funzione vegetativa. Essere un vegetale, con tutto il rispetto dovuto ai fagioli o semi di zucca, ai papaveri o alle pannocchie di gran turco, non è della condizione umana.

L'evoluzione storica ha fatto sì che l'essere umano elaborasse come particolarità della specie un cervello bilaterale che gli desse la possibilità di vivere e di interrogarsi intorno alla vita, da tale capacità di dare il senso-indirizzo all'azione l'umanità ha creato il suo patrimonio culturale oltre che genetico. La mia domanda in tale confusione mediatica è:

  • che tipologia di italiano si vuole in un prossimo futuro? Lo zombi?

Si stanno educando i giovani alla schiavitù, il non-valore del ragionamento rende poveri, ingenui, sprovveduti in un sistema di grande ingegno, come quello informatico, allora gli attacchi al significato di “teorema” è una forma di furto intellettuale per sottomettere le menti e non dare loro giustizia, perché incapaci di intendere e volere.



domenica 9 gennaio 2011

La funzione storica dell’osservatore nell’organizzazione della realtà

A. Colamonico - M. Mastroleo

Le Geometrie della Vita nel Salto Eco-biostorico

Verso una Topologia a occhio infinito della relazione Mente/Mondo

© 2010 – Il Filo S.r.l. - Bari


Una pagina...


Con il nodo vitale oggetto/soggetto la chiave della realtà è la stessa relazione conoscenza/vita, viste l’una come il rimando dell’altra. Il processo vitale richiede gradi di conoscenza e questa per elaborare gli stati di realtà necessita dello stesso manifestarsi della vita in echi di quanti informativi che si prestano ad essere decifrati da un occhio lettore, sotto molteplici piani disciplinari ed elaborati in una vasta gamma di risposte storiche:

  • in tale organizzazione la realtà è lo stesso prodotto dell’interazione tra l’osservatore e l’oggetto osservato, infatti il fisico D. Peat (2004) scrive “il nostro è un universo partecipato, non siamo più gli osservatori imparziali di un universo oggettivo. Al contrario, quando interroghiamo l’universo, le domande che poniamo influenzano le risposte che riceviamo”1.

Non ha più senso, quindi, interrogarsi su una realtà slegata dalla mente di un osservatore come non ha valore un osservatore svincolato dalla realtà partecipata. L’errore della cultura classica è stato l’aver fatto coincidere le letture disciplinari con una realtà oggettiva e indipendente; da ciò ha avuto origine la scissione tra l’uomo e l’habitat, letti, ad esempio nella psicologia o nella fisica, come due universi storicamente autosufficienti.

Dalla scomposizione della vita in una molteplicità di realtà con differenti strutture, pesi e dinamiche evolutive è scaturito il divario tra il sapere umanistico, campo dell’arte e della letteratura, invenzioni della mente uomo, e il sapere scientifico, fondato su una metonimia matematica che trasferisce l'esattezza di questa facendo dimenticare la natura sperimentale, quindi falsificabile della chimica, della meccanica e di tutte le altre scienze le quali rispondono al principio di non falsificazione ma non a quello di verificazione.

Quando tra il 1600 e il 1700 si è frantumata l'intregrezza della visione vitruviana di uomo rinascimentale, la scienza non era stata ancora sminuzzata in miriadi di sotto-discipline e per gli allora scienziati, che erano in primis matematici, sembrò normale cercare di rendere oggettivi gli altri campi delle loro indagini. Col passare del tempo, però, quelli che allora erano campi d'indagine sono diventi scienze a sé e, con i successi meccanici della Rivoluzione Industriale, ci si è dimenticati del fatto che le scienze sperimentali, tutte le scienze tranne la matematica, rispondono al principio di non falsificazione. Tutte le teorie, quindi, come il significato stesso della parola indica, non sono altro che una carta di lettura non ancora falsificata della realtà e non la carta di lettura corretta della realtà, esse sono bensì una carta che risulta ancora valida per leggere la realtà.

La dicotomia tra i due volti dell’unico sapere ha implicato una separazione netta tra il mondo dell’immaginazione, etichettato piano del fittizio e il mondo della scienza come la concretezza obiettiva che fa da margine-orlo alla stessa realtà sociale.

  • le logiche economiche, giuridiche, politiche, sanitarie, etc. isolate dal loro individuo-soggetto vitale, sono esse stesse divenute scientifiche e quindi vere di per sé.

La garanzia della verità è stata posta proprio nello status dell’essere scientifico, per cui tutto quello che non può essere replicato sperimentalmente, è declassato a cosa priva di significato storico, ad esempio la poesia, la metafisica, l’etica, l’ontologia. La medesima storia come disciplina indagatrice delle procedure fattuali è stata ridotta a puro nozionismo e perciò sfrattata dai programmi scolatici, insieme alla geografia, lasciando così l’individuo orfano del suo spazio e del suo tempo, nonché della sua stessa coscienza che ponendosi come memoria storica lo rende coeso al processo vitale cosmico.

Alla scissione del mondo è corrisposta poi la scomposizione della mente tra un emisfero destro e uno sinistro, come differenza netta tra emotività e razionalità, tra inclinazione creativa e attitudine critica, come se l’artista o il poeta fosse il risultato di una schizofrenia razionale, mentre il matematico o il fisico di un freddo ragionamento. Si sono costruiti così due sfere comportamentali, quella logica governata da regole oggettive, dimostrabili con procedure algebriche e quella illogica guidata dall’impulsività irragionevole di quella coscienza che di fatto fa sentire il mondo e l’io come l’unità esistenziale.

Cosa ancora più grave, lo stesso artista ha indossato l’abito del folle e si è auto-convinto di essere il frutto di un errore di irrazionalità soggettiva, individualista, aliena al mondo; mentre lo scienziato si è auto-esaltato come il paladino dell’ordine cosmico, che snidando gli iter naturali della costruzione vitale, può promettere l’immortalità; ma più l’uomo ha scomposto la vita e più si è ingabbiato nella sua stessa operazione del dividere:

  • la frantumazione della conoscenza in tanti micro-universi paralleli, indipendenti che solo casualmente si incontrano in una definizione generalizzata, rispecchia di fatto non solo lo sgretolamento di una realtà in infinite riproduzioni, ma, cosa più disarmante, la follia storica degli stessi ricercatori2 che dando per assolute le loro interpretazioni, hanno smesso di leggerle come delle semplici carte di riduzione della complessità, dando origine così agli scontri ideologici tra le differenti scuole di pensiero che si contendono la verità oggettiva.

La lettura è un semplice strumento per ricondurre all’occhio lettore una natura che fa resistenza di oggettività; che ama sconfinare le gabbie della logica umana, infatti basta semplicemente mutare un’angolazione di lettura che automaticamente cambia la carta storica e con essa il volto della realtà. La correttezza nel ricercare richiede dapprima una riflessione sui significati che si attribuiscono alla dinamiche fattuali e poi un’indagine sui vincoli limitativi dei linguaggi usati, infatti quello che le scienze dimostrano sono i vincoli soggettivi di una realtà che si compone nel piano di lettura, il quale strappa a quel complesso di buio quantistico una forma-topologica nominale:

  • lo stesso processo di conoscenza, partendo da un buio, è un portare alla luce una relazione di feeling soggetto/oggetto che si fa acquisizione storica.

1 D. Peat. I sentieri del caso. Di Renzo 2004, pag.49.

2 “…L’irrazionale, visto come un’uscita dai binari della ragionevolezza, scaturisce da una coscienza divisa, da una logica tesa a frantumare la realtà in tanti quanti informativi, slegati, per possederli e dominarli. Ma una volta sbriciolati, come una mollica di pane, gli eventi non essendo più un uno/tutto in rete perdono logicità, diventando un non-senso. A chi non è capitato di giocare con le molliche di pane o con le bucce di un’arancia durante un pranzo, che una volta sbriciolate e tagliuzzate, assumono la forma della nostra follia. La scissione una volta attuata richiede un salto di paradigma per poter rivedere l’uno-insieme, come un contenuto-contenitore, ma il salto necessita dell’emozione… L’irrazionalità è una perdita di senso-significato del vivere. Perdita che produce una incapacità ad emozionarsi di fronte alle incognite della storia. È da un’incognita, come un quid che si presta ad essere esplorato, definito, conosciuto, compreso, che nasce la conoscenza. Per essere più espliciti la conoscenza, come processo d’appropriazione di parti di infinito, è il risultato di un feeling tra un io/campo che si mostra come una comunicazione silenziosa tra un osservatore/osservato, da tale incontrarsi nasce l’osservazione, come l’insieme di informazioni che fanno da sfondo alle azioni storiche. Ogni informazione, quale quanto informativo, ha una duplice forma di contenuto/contenitore, con relativa esclusione/inclusione di significato, per cui si chiude ad alcune possibilità di senso e si apre ad altre, come le porte di un castello incantato. Tornando all’esempio del pane: la mollica una volta sbriciolata se non scatta un’emozione di gusto, non può diventare una frittata, ma il diventarlo, richiede un’altra serie di informazioni che presuppongono le proprietà dell’olio-uova-latte-zucchine, ecc. Il passaggio da briciola a frittata è assicurato da un salto cognitivo che nasce da un’emozione: mi piace la frittata. Ma il piacere non corrisponde al possedere. Se scindo in briciole per il semplice gusto del possesso, io faccio uno scempio di pane; se le divido per comporre una frittata, io implemento queste di significato.

Prescindendo dall’esempio culinario, il passaggio dall’insieme all’unità dell’insieme e da questa ad una nuova serie uno/tutto, avviene sempre su una zona d’ombra, quale limite-frontiera del rovesciamento del significato. Il poterlo ribaltare necessita di un’emozione, lato destro della mente, che faccia incantare, emozionare intorno alle incognite della vita. Buio/ombra/luce/abbaglio sono le fasi della conoscenza, come un acquisto progressivo, a salti, di informazioni e di consapevolezza. Il passaggio da un non conosciuto, ad un intravisto, ad un visto, ad un amato-compreso, richiede un gioco dialogico tra le due parti del cervello che… si implementano, vicendevolmente…” A. Colamonico 2006 b, op. cit. p. 17.



Buona lettura.


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L'occhio Eco-Biostorico: il nuovo Paradigma.






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Perugia, Agosto 2008