di Antonia Colamonico
La descrizione del processo vitale come una dialogica aperta individuo/campo, si pone in relazione alla direzione dello sguardo-occhio di lettura che, indagando, definisce i luoghi e i significati delle dinamiche vitali. La posizione di lettura non è un dato non influente nell’azione di conoscenza, poiché molteplici sono le possibilità di sviluppo dei piani di saperi.
Indagare sul ruolo-funzione di una posizione nello spazio è un argomento caro alla fisica, A Einstein pose la relazione osservato-osservatore come una condizione importante per comprendere le varie tipologie di letture. L’averla posta ha permesso una fioritura di teorie che nascevano dalla possibilità di poter mutare le angolazioni di una medesima realtà che diviene.
Ogni tipologia apre ad uno spettro diverso di realtà, per cui si può parlare di un rapporto di eco-inter-dipendenza tra osservato-osservatore-osservazione. I tre sono un unico sistema che dà la forma alla vita, poiché la conoscenza è l’unico accesso alla consapevolezza della vita per l’umanità.
Esiste la vita in sé come processo indipendente dall’azione dell’uomo e la conoscenza della vita come la possibilità umana di intervenire per poter implementare o far implodere la vita: è l’eterno gioco tra la vita e la morte, che pone l’uomo come un funambolo su di un filo che lo apre al precipizio.
Imparare a vivere è il compito esistenziale che porta a saper restare in vita, nonostante il vuoto.
Volendo provare a definire la dinamica della vita, essa può essere posta come un’alternanza di entropia/sintropia che crea i dualismi di morte/vita, in relazione ai gradi di disordine/ordine che di volta in volta vengono dipanati come in un groviglio di fili: non esiste l’entropia totale, poiché implicherebbe la morte totale, cioè il nulla assoluto; non esiste la sintropia totale, poiché non si giustificherebbero gli stati di disordine.
Con una lettura biostorica la vita è un processo sdoppiato a doppia direzione che tende o verso il tutto o verso il nulla.
Il fisico Ignazio Licata, in Teoria degli Universi e Sintropia. Luigi Fantappié, ricordo di un matematico, descrive come sia stato difficile per i fisici muoversi sui due piani, poiché la sintropia a differenza dell’entropia è un anticipazione di futuro, mentre l’entropia è una deriva del passato: leggere il passato è alquanto semplice, poiché è un definito, un movimento che ha preso già forma e quindi veste concreta di realtà, facile da osservare. Il futuro, invece è il campo del non ancora accaduto, non ancora realizzato e in quanto tale implica un fattore d’incognita.
Il passato è un sistema chiuso, il futuro un campo aperto. Il gioco vitale si pone come un’alternanza di ordini/disordini che tendono ad un equilibrio fortemente instabile. L’instabilità rende eccezionale la vita, poiché in tale precarietà il prendere corpo della realtà sembrerebbe quasi un fatto straordinario che genera commozione.
Sviluppare una psicologia della vita implica nel soggetto attore-lettore-abitante della storia aprire la mente-cuore al cambiamento, alla possibilità d’invertire una tendenza negativa in una positiva; ma per poterlo fare bisogna saper dare sepoltura al passato.
Il passato segna l’indirizzo della nicchia storica che dà forma alla vita, ma il segnare è un eco informativo che si presta ad essere trattato, analizzato e poi rigettato.
Una psicologia che indaghi solo ed esclusivamente gli stati di passato rende la coscienza prigioniera, sclerotica nel tempo, irrigidendo una forma di vita che ha perso realtà. Il processo entropico è l’effetto dell’erosione del tempo come l’invecchiamento degli spazi che perdendo forza vitale e tendono a morire.
Un’indagine basata solo sul passato non aiuta a vivere, ma rende ossessivi intorno a se stessi!
Dal culto del passato nascono i totalitarismi e le tirannie!
Necessita fare un salto logico, dare sepoltura al passato, iniziare a guardare al futuro per inventare il modo nuovo.
Esistono, nel disordine della vita, gli stati di ordine, come la Sintropia del Caos o Ordine della Complessità: il segreto della vita che si rinnova, è tutto in tale apertura al futuro, che essendo il campo del possibile schiude al nuovo, al non atteso, all’imprevisto che può mutare la direzione della cresta storica.
Imparare a vivere implica l’esercizio dell’occhio-mente che dovrà saper essere dinamico, pronto a ruotare le angolazioni di lettura, aperto alla molteplicità di forme; tale capacità è il processo neghentropico come la possibilità a frenare l’entropia, che se prendesse piede nell’anima condurrebbe al nichilismo della coscienza. Il nulla della storia, come la perdita del significato esistenziale che lega l’individuo al Tutto vitale.
Essere dei finiti assetati d’infinito è la condizione che aiuta a vivere, essere amanti della vita dà una mano a capovolgere il dolore in gioia; l’ingiustizia, in giustizia; la disonestà in onestà…
Necessita iniziare ad introdurre una pedagogia della vita che insegnando a leggere il processo storico come un corpo a uno/tutto, faccia acquisire una consapevolezza sulle molteplici possibilità di risposta agli stati negativi e positivi. Occorre attrezzare le menti dei giovani a saper rispondere agli imprevisti, alle strettoie della vita prima ancora che renderli eruditi sotto il profilo disciplinare:
- l’uomo si differenzia dal geranio, dal sasso e dal cane perché ha coscienza, cioè memoria del proprio essere che diviene. Uno studio che non faccia nascere la coscienza non è dell’uomo, ma del geranio, del sasso, del cane.