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Scienza & metodo Biostoria

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Prof. Antonia Colamonico, epistemologa.

Centro Studi - Acquaviva F. (BA)

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aula cenacolo

lunedì 17 maggio 2010

DIO, LINGUAGGIO E LOGICA


Institute for Scientific Methodology, Palermo (Italy)
ignazio.licata@ejtp.info

Da Note di Per un Neoilluminismo Globale

...Ma qual è il Dio che gli scienziati vedono dal loro particolare punto di vista? Innanzi tutto bisogna dire che è un Dio piuttosto vago ed indistinto, qualcosa di sospeso tra la metafora onnicomprensiva di quell’armonia del Mondo che l’indagine scientifica dovrebbe rivelarci ed un grande punto interrogativo posto sui lati misteriosi di quest’impresa, il pensiero appena abbozzato di un’entità talmente lontana da risultare totalmente inutile per noi. E’ questo il Dio di cui parla Albert Einstein nel suo celebre scritto su Religione e Scienza, lavoro in cui lo scienziato di Ulm prende le distanze dal Dio antropomorfo delle religioni rivelate, funzionale al mantenimento dell’ordine sociale, e cerca invece di esprimere il sentimento della religiosità cosmica, suscitato dall’ammirazione estasiata delle leggi della natura. Si può facilmente essere d’accordo con Einstein che questa emozione profonda è comune a molti scienziati ed artisti, ed anzi costituisce per loro una continua ispirazione ed una fortissima motivazione; del resto si tratta di una posizione molto vicina a quella espressa da H. Bergson nel suo Le due fonti della morale e della religione: da una parte c’è la religione statica, sviluppatasi in forme istituzionali storicamente e socialmente determinate, che serve principalmente a garantire l’obbligazione morale, dall’altra la religione dinamica, il contatto intuitivo con lo Spirito Vitale del cosmo. Ma c’è tra i due pensatori una differenza essenziale: per Bergson - morto alle soglie di una conversione al cattolicesimo - la religione statica è una sorta di involucro della religione dinamica e conserva perciò nelle sue norme e strutture, quasi a raccoglierle dopo una tempesta, tracce amorose dell’immersione intuitiva nell’Essere profondo. Ne segue che per Bergson è possibile, in qualche misura, la parola e la testimonianza, il discorso metafisico e teologico sull’Essere. Per Einstein, invece, tra i due livelli dell’esperienza religiosa non c’è possibilità di conciliazione, al di là di una sporadica emozione non c’è ricerca se non ricerca scientifica. Se per Bergson «La metafisica è la scienza che pretende di fare a meno dei simboli» (Introduzione alla metafisica), per Einstein non esistono che i simboli della scienza.
Non esiste più un problema di Dio e una ricerca di Dio, la sua religiosità cosmica può in definitiva farne benissimo a meno: si tratta, in realtà, di una deificazione delle leggi fisiche. Non deve perciò sorprenderci l’ammirazione di Einstein per quella particolarissima religione atea che è il buddismo e neppure che il suo punto di vista gli permettesse di mettere sullo stesso improbabile piano Buddha, Democrito, San Francesco e Spinoza! In definitiva, la religiosità cosmica è un impulso, un istinto vitale profondo, un raffinato
prodotto dell’evoluzione delle nostre funzioni mentali a cui è saldamente connessa la nostra spinta alla conoscenza; è del tutto plausibile che un domani non troppo lontano una scienza psicologica sempre più raffinata sarà in grado di analizzare tutti gli aspetti di questo tipo di religiosità, analogamente a quanto è stato fatto con l’erotismo, ma questo non esaurirà la questione di Dio più di quanto il rapporto Masters & Johnson non abbia esaurito la complessa realtà esistenziale dell’amore. Esiste ormai una vasta letteratura scientifica sulle motivazioni sociologiche e psicologiche dell’esperienza religiosa - basta pensare ai lavori ormai classici di S.Freud e di E. Durkheim - ma noi sappiamo - intuiamo, senza dubitare del valore gnoseologico della nostra intuizione - che tutto ciò non chiude l’attesa di Dio e che l’analisi delle motivazioni della nostra esigenza metafisica non costituisce, di per sé, una risposta esauriente alle nostre domande...continua su http://samgha.files.wordpress.com/2010/04/diolinguaggio-e-logica.pdf

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