Visita con noi

L'Atelier delle Idee.

Scienza & metodo Biostoria

Scienza & metodo Biostoria
Prof. Antonia Colamonico, epistemologa.

Centro Studi - Acquaviva F. (BA)

Centro Studi - Acquaviva F. (BA)
aula cenacolo

giovedì 11 novembre 2010

Arte Quantistica: Il Frattale Poetico





Antonia Colamonico (biostorica)




(Antonia Colamonico. Le stagioni delle parole. © Il Filo, Bari 1994)









La raccolta "Le Stagioni delle Parole" (1992-1994) racchiude la dialogica mente/cuore di Spazioliberina, la metafora poetica del nuovo paradigma biostorico.

Si divide in tre parti:


  • Le filastrocche di Spazioliberina, il tempo dello Spazio.
  • Ed Altro, i tempi del Tempo.
  • Il Filo, l'occhio eco-biostorico e la sintropia del Caos.
Le parole hanno il compito di essere ponte-tessitura tra gli orditi di passato e le trame di futuro. Esse, infatti, sono i segni-nodi che legano in un'unica rete le matasse delle azioni, i fotogrammi di vita, dando spessore alla coscienza individuale che si fa universale.

La dinamica della Vita è un uno/tutto che si attualizza in ogni tempo di presente, come costruzione complessa e stratificata di spazi/tempi che prendono visibilità Storica.


La parola, come particella topologica, emerge come una bolla di significato da un vuoto quantistico e ne rivela il fluttuante mistero. Nell’azione poetica l’osservatore coglie brandelli di verità che con un gioco di ombre/luci danno forma al frattale poetico, quale struttura a spugna con nicchie-stanze di significati.

La poesia, come forma geometrica, intreccia in un tempo di presente i piani dei passati e futuri, racchiudendo l’anima profonda della dialogica vitale. In tale capacità a leggere in simultaneità la vita, come un entanglement quantistico, la Poesia si fa immagine, ricamo, bellezza, attimo di eternità.


Nota Autrice:

Antonia Colamonico, pugliese, vive ad Acquaviva delle Fonti BA). Pedagogista, docente di Italiano-Storia e Filosofia, dal 2000 direttore-didattico del Centro Studi di Biostoria - Palestre della Mente. Scrittrice, saggista, giornalista e poeta.

Ideatrice della Scienza-Metodo BIOSTORIA, in cui sono tracciate le coordinate di lettura della Spugna Storica e della Geografia del Pensiero. Ha isolato per prima la 5a Dimensione di Lettura che permette lo sdoppiamento delle linee del Pensiero che in simultaneità, come un entanglement quantistico, si auto-organizza, in ordini complessi, facendo intravedere le Sintropie del Caos. Ha disegnato la nuova architettura a nodi-campi finestre della Storia. Ha sviluppato una didattica individualizzata a Costellazioni Semantiche. Ha definito il Frattale Poetico.

Scritti importanti: Fatto Tempo Spazio - Premesse per una didattica sistemica della Storia. OPPI Milano 1993. -Biostoria. Verso la formulazione di una nuova Scienza. Campi, metodi, prospettive. Il Filo, Bari 1998. - Edgar Morin and Biohistory: the story of a paternity. In World Futures Vol. 61 - n° 6, pp. 441-469, Taylor & Francis Group - Routledge, August 2005.



Premi: - 2001 28° Premio Euroassemblaggio Milano – Spoleto, per l’ideazione della 1a Palestra per la Mente in Italia. - 2002 - Riconoscimento di Merito del Comune di Acquaviva F. per la pubblicazione di Ordini Complessi Carte Biostoriche di Approccio ad una Conoscenza Dinamica a cinque dimensioni. Il Filo, Bari 2002.

_________

http://ignaziolicata.nova100.ilsole24ore.com/2010/10/il-gioco-della-scienza.html

http://occhiobiostorico.blogspot.com/2010/04/ordini-biostorici-la-moltiplicazione.html

http://occhiobiostorico.blogspot.com/2008/10/i-piani-di-lettura-e-la-moltiplicazione.html

https://sites.google.com/site/antoniacolamonico/poesie-e-filastrocche


http://palestredellamente.blogspot.com/2010/06/la-poesia-movimento-dellanima.html

http://palestredellamente.blogspot.com/2008/06/incontro-di-poesia-frammenti-di.html

sabato 6 novembre 2010

Palestra della Mente - Centro studi di Biostoria -



Il Filo
S.r.l.

Via S.no Ventura, 47/d
Acquaviva delle Fonti (BA)
Italy


-Tel. 080 4035889-

1a Palestra della Mente in Italia
28° Premio Euroassemblaggio Milano - Spoleto 2001 -
Milano 13 Ottobre 2001 alla Prof. Antonia Colamonico
per l'idea e la realizzazione della Prima Palestra per la Mente in Italia.

domenica 17 ottobre 2010

L'Etica della Vita in Biostoria.


Tra la vita e la morte c'è un equilibrio fragile.

Il piano Etico si pone in relazione alla lente-carta cognitiva con cui l'occhio-mente umano legge l'effetto della sua azione:
  • esiste un legame tra la scelta di un'azione e la mappa mentale che visualizza l'azione come possibilità di risposta alla vita.
Ogni azione ha un grado di coerenza con tutto il sistema mentale che la "partorisce", si può constatare che la scelta + o - etica non dipenda da un fattore sociale o economico... ma prima di tutto dai modi come il cervello è in grado di visualizza la realtà e di attribuire il significato... in relazione alla sua spugna mentale.

Si coglie come diventi basilare per la Società e lo stesso Individuo, dare valore al cervello e al suo sistema mentale di produzione di idee e di sentimenti:
  • il rispetto della mente come bene più prezioso è la migliore garanzia di giustizia e di civiltà!


Buona lettura.

Antonia Colamonico (biostorica)

domenica 29 agosto 2010

L’eredità di Raimon Panikkar: l’Uomo è attraversato dal Dio Logos-Parola-Amore.





- Barcellona, 3 novembre 1918 – Tavertet, 26 agosto 2010 -
Filosofo, teologo e sacerdote spagnolo , di cultura indiana e catalana, autore di più di sessanta libri e di diverse centinaia di articoli su religioni comparate e dialogo interreligioso.



La morte del filosofo R. Panikkar lascia tutti orfani d’insegnamento[i].

In un'Epoca di nichilismo mediatico c’è una povertà di maestri, in parte dovuta sia al rumore del mondo che impone mode evanescenti; sia alla perdita del gusto della bellezza che rende i pochi maestri degli isolati.

Manca la capacità all’ascolto, si è troppo bombardati dai richiami delle seduzioni imposte dalle regole del mercato che inventano sempre dei nuovi bisogni, i quali se da un lato rendono più comoda la vita, dall’altro portano sempre più l’individuo ad estraniarsi da sé.

L’estraneità crea lo stato di spaesamento dal mondo, con relativa assenza di emozioni naturali, la mancanza del fremito-alito vitale crea, poi, la sordità alla bellezza, quale richiamo alla vita.

Si è in un’epoca di bruttezza che si esprime nella volgarità delle immagini, nella stupidità dei pensieri, nell’oscenità dei rapporti affettivi, nel monologo del branco. Si è come sordi agli echi vitali che danno spessore alla Coscienza, per cui la costruzione della spugna del pensiero[ii] si sta involvendo da uno spazio quadridimensionale ad uno bidimensionale, in un momento storico in cui, la velocità del sistema, richiede con un salto organizzativo, la quinta dimensione di lettura[iii].

La costruzione del pensiero essendo un’elaborazione bio-fisico-mentale di proiezioni di spazi, si pone in relazione alle dimensioni di lettura utilizzate, che danno la particolare forma alla struttura. Un pensiero bidimensionale ad esempio non avrà consapevolezza né della profondità e né del tempo; uno a cinque dimensioni oltre alla profondità e alla consapevolezza del passato-futuro come dilatazione della memoria, avrà la simultaneità di lettura, quale capacità di leggere contemporaneamente su più registri informativi[iv], come un entanglement quantistico[v], sarà quindi un pensiero anticipativo, aperto[vi] e tollerante. Velocissimo, allargato agli ordini degli altri occhi di lettura, in grado di gestire l’imprevisto, poiché sa leggere in sintropia[vii] le differenti forme di vita.

Biostoricamente parlando esiste una proporzione tra le capacità di riflessione della mente e la topologia di pensiero che viene sviluppata dallo stesso individuo: non tutte le topografie mentali[viii] si possono definire uguali; ci sono delle enormi differenze tra i vari modi delle menti e in relazione al modo si possono costruire le azioni con i giudizi storici.

Ogni mente-azione-giudizio dà un’impronta alla curvatura della spugna storica che assume una deformazione, più o meno funzionale alla vita col suo aprirsi: o al vuoto o al pieno di nicchia… o alla vita o alla morte. In ciò è il valore storico del pensiero che non può essere letto slegato dalla prassi dell’azione.

Nonostante il progresso scientifico abbia prolungato la durata dell’esistenza (poco più di 100 anni fa la vita media era di 35 anni), si coglie il vuoto del vivere che crea uno stato d’eterno affanno. L’ansia che attanaglia, funzionale alle logiche voraci del dio-mercato, rende gli uomini del 3° millennio vittime-sacrificali del progresso che si auto-esalta, grazie al senso di malessere collettivo.

Più l’individuo è perso nell’ansia del vivere e più la scienza diviene il toccasana dell’individuo stesso… per lui studia, per lui scopre, crea… mentre quel povero Lui, diviene l’impacciato, l’instabile che necessità della pasticca, della radiografia, del bisturi, del calmante… dell’oggetto particolare, della tecnologia esclusiva. Ma la corsa scientifica non è indolore. Essa richiede risorse intellettive, energetiche, monetarie, materiali… e di qui la corsa all’accaparramento con relativa divisione tra chi può e chi non può essere a tempo con il dio-progresso.

Nascono così gli eterni dualismi di umanità tra i ricchi e i poveri, tra chi ha dignità e chi non deve conoscerne neanche il termine. La corsa alla conoscenza si trasforma in possesso di informazioni, oggetti, possibilità di azioni, allungamento della vita… con relativa asimmetria tra le società, tra gli individui, tra le realtà storiche.

Su tale ingiustizia storica necessita vigilare, per invertire le tendenze necrofile che rallentano la vita: la corsa alla conoscenza, da sola, non basta a dare il senso all’uomo, in ciò è l’insegnamento di R. Panikkar!

Esiste la scienza e la meta-scienza, esiste la ricerca scientifica e il perché del ricercare scientifico, così come esiste l’azione e il senso dell’azione: guai allo scienziato che perde il senso della sua ricerca! Guai all’uomo che perde il senso del suo vivere!

Il Senso è la direzione da dare al percorso-strada che si sta costruendo, sia essa una ricerca o un indirizzo esistenziale. Dare senso è il compito vitale sia dello scienziato e sia dell’individuo; in ogni attimo di presente, necessita assolvere il compito che come sostiene Panikkar, è individuale, personale, unico nello spazio-tempo presente.

Rinunciando al compito automaticamente si priva la storia di un effetto vitale, di una trama di avvenire, creando un vuoto di spugna.

Nascere per un compito dà indirizzo futuro all’individuo, per cui la costruzione storica non ha un semplice fine immanentistico, legato al semplice attimo di presente, ma si perde nella grandezza dell’infinito dello spazio-tempo, di qui la dimensione trascendentale che, se letta come un andare oltre il piano del presente, assume lo spessore dell’Eco Storico: ogni momento di realtà si compie a tempo 0, il presente, ma ogni presente resta come quanto-eco informativo nella memoria cosmica che è eternamente presente a sé, se così non fosse non si spiegherebbero i ritorni storici, le sempre nuove primavere, le sempre nuove umanità, i sempre nuovi attimi di tempo...

In tale eterno ritorno della vita, si manifesta l’attraversamento di Dio nella storia privata e collettiva. Panikkar richiama ad un’idea di Dio più vicina, più tangibile che non si fa oltre l’uomo, neanche accanto all’uomo, ma dentro l’uomo. Un’idea di Dio che attraversando la piccolezza di ogni singola esistenza, rivela e cuce la figliolanza e la fratellanza cosmica come un essere dentro la Rete del Logos, un essere Nodo-parola nel pensiero Divino, un essere Porta-svincolo d’Amore.

Il Dio di Panikkar a guardar bene è un dio-mamma[ix], che si fa utero della storia e nel contempo placenta della vita che si agita, come feto-fremito vitale che chiede storicità in ogni attimo di presente. In questo Dio-mamma-amore si compie il senso storico che fa di ogni essere vitale, sia esso pianta, pietra, uomo, sorriso, idea… scienziato… un’espressione della Bellezza, che non è utilità ma Sintropia[x] del Caos, ordine della diversità.



[i] Panikker, R. Ecosofia: la nuova saggezza. Per una spiritualità della terra. Cittadella, Assisi (PG), 1993.

[ii] Colamonico, A. Biostoria. Verso la formulazione di una nuova Scienza. Campi, metodi, prospettive. Il Filo - Bari 1998

[iii] Colamonico, A. Edgar Morin and Biohistory: the story of a paternity. In World Futures: The Jounal of General Evolution, a cura di A Montuori. Vol. 61 - n° 6, pp. 441-469, part of the Taylor & Francis Group - Routledge, August 2005.

[iv] Colamonico, A Ordini complessi - Carte biostoriche di approccio ad una conoscenza dinamica a cinque dimensioni. Il Filo – Bari, 2002

[v] Licata, I. Osservando la sfinge. La realtà virtuale della fisica quantistica. Ed.di Renzo, Roma, 2003, 2° edizione.

[vi] Licata, I. La logica aperta della mente. Ed. Codice Edizioni: Torino 2008.

[vii] Colamonico, A. Alla palestra della Mente. Costellazioni di significati per una topologia del pensiero complesso. © il filo S. r.l. Bari, 2006. http://docs.google.com/viewer?a=v&pid=sites&srcid=ZGVmYXVsdGRvbWFpbnxhbnRvbmlhY29sYW1vbmljb3xneDo0ZTRjODZjNDY4M2Q1Mzlk&pli=1

[viii] Colamonico, A. Le carte biostoriche e la geografia del pensiero complesso. Atti del 50° Convegno Nazionale dell’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia. – n° pp 92-97.. Edizionidipagina, Bari 2008.

[ix] Colamonico, A. Op. Cit. 2005.

[x] Arcidiacono G. e S. Sintropia, entropia, informazione. Una nuova teoria unitaria della fisica, chimica, biologia. Di Renzo Editore. Roma, 2006.




martedì 1 giugno 2010

La poesia movimento dell’anima







2° CONCORSO NAZIONALE DI POESIA

“O-Maggio Poetico” ad Oliveto Citra


Presentazione

Antonia Colamonico

biostorica






  • Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me?


Il salmista introduce, con questo dolce interrogativo, lo stato mentale e psicologico del Poeta. Essere poeta è una propensione sentimentale, razionale, cognitiva, nonché vitale che nasce da una bivalenza di posizione spazio-temporale, quale doppia capacità di lettura che fa vivere e nel contempo prendere la distanza dalla vita; come un essere dentro/fuori la storia.


Il vivere implica la capacità a dare delle risposte al movimento del campo, elaborando una sequenza d’azioni che, inanellate in successioni di momenti, tracciano il percorso di ogni individuo.


Sono tutte quelle azioni che costituiscono la quotidianità, scandita dal ritmo dell’orologio, che fa essere, ogni giorno, abitante-attore della vita.


Il prendere la distanza dalla vita è lo stoppare la successione degli istanti e creare un vuoto spazio-temporale, in cui rifugiarsi e aspettare di vedere decantare la vita; come l’area della presa di distanza dalle emozioni, dalle ansie, dalle tirannie, dai pregiudizi… per iniziare ad essere il semplice spettatore-osservatore dalle trame che trascinano ogni singola esistenza, verso il privato destino.


Il poeta, pur essendo un attore-abitante storico, non si limita al solo vivere. Egli è il curioso, il ricercatore di emozioni, il cantore dell’anima... l’inquisitore della coscienza…


Come posizionato dietro ad una finestra, egli è attento a chiedersi il perché e il come di ogni singola azione di risposta data, da ogni singolo individuo, al richiamo della vita. Vita che come le Sirene, nel racconto di Ulisse, invita gli uomini a lasciarsi sedurre dalla bellezza di ogni più piccola porzione di storia.


La poesia prende forma in una mente che sappia assume una meta posizione sulla realtà che scorre sotto gli occhi e in tale prendere le distanze nasce la domanda: Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me?


Il poeta, dunque, si muove in uno spazio più complesso di pensiero, in quanto non è attratto dal semplice mostrarsi della realtà, dal semplice agire nella storia, ma dal cosa si cela dietro quel oggetto, quel azione, quel movimento, quel sentimento, quel tempo dell’anima, quello stato d’inquietudine o di gioia.


L’area della sua azione è proprio quella zona d’ombra che sfuma i significati, annulla le certezze e apre la mente al silenzio dell’infinito… e in questo mare di quiete egli, come inebriato, folle, cattura la parola più pura, più preziosa da incastonare nella strofa.


Il poeta è il pazzo, in senso biblico, che strappa il velo dalla normalità, dall’essere scontato, dal vivere, giorno dopo giorno, nella storia, privata e sociale, senza una coscienza di sé.


Cercando di essere più semplici il poeta è il saltimbanco della vita che con le sue capriole leggere è in grado di rovesciare il senso-direzione di un discorso, di una parola, di un’emozione, di un significato, mostrando o, meglio, svelando gli inganni, le grettezze, le ipocrisie, le superficialità con cui si diventa prigionieri dei conformismi, dei sensi comuni d’intendere.


La poesia non accetta l’ipocrisia, ricerca la verità è in tale andare oltre l’apparenza della normalità diviene un potente attrattore storico.


Da sempre i poeti hanno svolto il ruolo di coscienza collettiva, hanno scosso gli animi e hanno dato indirizzo nuovo al percorso della storia.


Si pensi al ruolo di un Dante Alighieri nella nascita di una coscienza italiana o ad un Alessandro Manzoni nel Risorgimento che portò con il suo vero storico all’affermarsi dei principi di libertà nazionali.


In tale essere lo spirito libero di un Paese, il poeta è anche l’escluso, il non allineato ai comportamenti di regime; non è un caso che poeti come Foscolo, lo stesso Dante, Neruda… siano stati degli esuli, poiché essere fedeli alla poesia implica l’essere fedele alla verità che non sempre è ricercata dalle politiche economiche e sociali.


Più è vera una poesia è più grande il suo valore, infatti l’aspetto principale della funzione poetica è nel suo essere Universale. Una lirica non può limitarsi ad esprimere un luogo-emozione circoscritto ad un’epoca particolare o ad un popolo singolo o ad un solo individuo.


La poesia, ricercando la verità storica, si pone sul piano dell’etica universale che fa essere cittadini del mondo. Ed è il mondo, inteso come la totalità passata, presente e futura di tutti i tempi e spazi storici, il destinatario dell’azione poetica.


Esprimere i valori universali è il compito della Poesia, valori che rendono degna la vita di essere vissuta… e non è un caso che Dio chieda al profeta non sacrifici, ma canti di lode; è nel canto dell’anima che trova nido-casa la bellezza che rende il Creatore e la creatura un tutto storico!


Il poeta, con un occhio sdoppiato alla vita e alla verità, è il testimone/specchio che osserva, come un biologo nel vetrino, la vita che prende forma, colore, spazio e tempo, che poi trascrive con una pluralità di immagini, di sensazioni, di lievi percezioni, di infinite figure…

Più il suo occhio si fa raffinato e più la vita prende mille e mille forme; mille e mille aspetti tanto da in/cantare per l’immensa varietà di immagini, di metafore, di ritmi, di suoni e di sfumature e ribaltamenti di significato.

La parola nella poesia si fa gemma viva che sboccia a fare nuove tutte le cose.

Importante ricordare che la poesia non si fa con le idee, con i ragionamenti e le dimostrazioni, le teorie…ma con le semplici parole che si intrecciano, pure, cristalline con le doppie, con le sillabe anche storte, con le strofe e con tutta l’essenza che al/loggia dentro il cuore umano.


La parola nella poesia, come una particella topologica, si apre ai significati, si slabbra e si deforma come un guanto rovesciato e indica ai viandanti della vita i sentieri nuovi per costruire i gradi sempre più ampi di giustizia, di armonia, di amore.


L’essere poeta, dunque, implica la capacità a creare metafore sempre nuove …


come la mosca cede a la zanzara,
vede lucciole giù per la vallea,
forse colà dov' e' vendemmia e ara…
(D. Alighieri)


Primavera d’intorno
Brilla nell’aria, e per li campi esulta,
sì che a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
gli altri augelli, contenti, a gara insieme,
per lo libero ciel fan mille giri,
pur festeggiando il loro tempo migliore
. (G. Leopardi)


E mi scopro ancora bambina
in un piccolo gesto delle mani.
In uno sguardo rivedo la monella di ieri.
Vasti prati,
alberi giganti,
fiori variopinti,
ginocchia sbucciate…
(M. R. Colazzo)


Siede con le vicine
su la scala a filar la vecchierella,
incontro là dove si perde il giorno;
e novellando vien del suo buon tempo,
quando ai dí della festa ella si ornava,
ed ancor sana e snella
solea danzar la sera intra di quei
ch'ebbe compagni nell'età piú bella…
(G Leopardi)


Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi? …
(G Leopardi)


Dall'Alpi alle Piramidi,

dal Manzanarre al Reno,

di quel securo il fulmine

tenea dietro al baleno;

scoppiò da Scilla al Tanai,

dall'uno all'altro mar… (A. Manzoni)


Mi sta addosso

come una veste lisa...

la vita

lavata rozzamente con sapone

nell'acqua inquieta di un fiume in piena,

lasciata lì...

su quel cespuglio ad asciugare

fra pungenti spine e dolci more,

preda

ora del vento freddo

ora del caldo sole

di luna stelle e

di rugiada fresca del mattino… (G De Vita)

Oliveto Citra, 30 maggio 2010


giovedì 20 maggio 2010

Comunicazione, emergenza, apertura logica.

(Abissi di Vita)


  1. 1. Per un’Epistemologia della Mente e della Vita

In uno dei “meta-loghi” scritti con la figlia Mary Catherine e poi apparsi in volume nel 1987 con il titolo Angels Fear – Towards an Epistemology of the Sacred,[1] c’è un’espressione di Gregory Bateson che riassume il lavoro e la visione di un’intera vita saltando in blocco l’annosa questione delle “due culture”: Il bello e il brutto, il letterale e il metaforico, il sano e il folle, il comico e il serio… perfino l’amore e l’odio, sono tutti temi che oggi la scienza evita. Ma tra pochi anni, quando la spaccatura fra i problemi della mente e i problemi della natura cesserà di essere un fattore determinante di ciò su cui è impossibile riflettere, essi diventeranno accessibili al pensiero formale.

In questa frase, come spesso accade con la scrittura di Bateson, c’è il sapore “zen” di una provocazione che ci sfida a rimettere in discussione l’identità della scienza occidentale in alcuni dei suoi presupposti più profondi e radicati che rischiano dunque di rimanere invisibili con la forza sommersa di un luogo comune.

Questo bisogno di attraversare piani diversi del discorso, di porre in gioco più meta-livelli fino a portare alla luce relazioni complesse, connessioni irrisolte e circoli viziosi, è già parte del sapere che Bateson ci ha lasciato con un’eredità geniale, frammentaria e confusa, spesso male interpretata, ma soprattutto prematura, che rischia di restare ancora una volta inascoltata nel tempo del “supermarket di Prometeo”.[2]

L’aforisma di Bateson, infatti, non può che apparire sterile se lo si interroga dando per scontata l’immagine tradizionale della scienza, ossia mettendo sullo stesso livello i modelli matematici che descrivono “galassie e palle da biliardo” e quegli aspetti irriducibili della vita e della cognizione che le scienze umane, l’esperienza artistica, e la sapienza del terapeuta hanno imparato a conoscere e praticare, aspetti con i quali ognuno di noi, scienziato o no, deve fare i conti quotidianamente. Per comprenderla è necessaria la paura degli angeli, la sottile agilità che permette al pensiero di muoversi su piani diversi e svelarne le complesse articolazioni senza mischiarli o forzarli.

È noto che i successi della fisica classica, per intenderci quella che va dalle particelle di Newton ai campi di Maxwell fino allo spazio-tempo di Einstein, ha prodotto una nozione di epistemologia come “metodo” in grado di risolvere il mondo in forme semplici e regolari, producendo modelli matematici di grande forza predittiva. L’avvento della fisica quantistica e più recentemente dello studio dei sistemi non-lineari, la cosiddetta fisica del caos, ha mostrato le corde di alcuni assunti classici, come il riduzionismo o il legame tra determinismo e predicibilità. La speranza però di trovare nella logica quantistica o nello spazio delle fasi dei sistemi caotici strumenti concettuali in grado di fornire suggestioni utili alle scienze umane si è rivelata largamente infondata, lasciando il territorio tra le scienze “hard” e quelle “soft” aperto ai più sommari tentativi di unificazione forzata o alle improbabili suggestioni del pensiero new-age.

Continua su:

http://samgha.wordpress.com/2010/05/19/comunicazione-emergenze-apertura-logica-parte-i-ignazio-licata-2007/

http://samgha.wordpress.com/2010/05/20/comunicazione-emergenza-apertura-logica-parte-ii-ignazio-licata-2007/

lunedì 17 maggio 2010

DIO, LINGUAGGIO E LOGICA


Institute for Scientific Methodology, Palermo (Italy)
ignazio.licata@ejtp.info

Da Note di Per un Neoilluminismo Globale

...Ma qual è il Dio che gli scienziati vedono dal loro particolare punto di vista? Innanzi tutto bisogna dire che è un Dio piuttosto vago ed indistinto, qualcosa di sospeso tra la metafora onnicomprensiva di quell’armonia del Mondo che l’indagine scientifica dovrebbe rivelarci ed un grande punto interrogativo posto sui lati misteriosi di quest’impresa, il pensiero appena abbozzato di un’entità talmente lontana da risultare totalmente inutile per noi. E’ questo il Dio di cui parla Albert Einstein nel suo celebre scritto su Religione e Scienza, lavoro in cui lo scienziato di Ulm prende le distanze dal Dio antropomorfo delle religioni rivelate, funzionale al mantenimento dell’ordine sociale, e cerca invece di esprimere il sentimento della religiosità cosmica, suscitato dall’ammirazione estasiata delle leggi della natura. Si può facilmente essere d’accordo con Einstein che questa emozione profonda è comune a molti scienziati ed artisti, ed anzi costituisce per loro una continua ispirazione ed una fortissima motivazione; del resto si tratta di una posizione molto vicina a quella espressa da H. Bergson nel suo Le due fonti della morale e della religione: da una parte c’è la religione statica, sviluppatasi in forme istituzionali storicamente e socialmente determinate, che serve principalmente a garantire l’obbligazione morale, dall’altra la religione dinamica, il contatto intuitivo con lo Spirito Vitale del cosmo. Ma c’è tra i due pensatori una differenza essenziale: per Bergson - morto alle soglie di una conversione al cattolicesimo - la religione statica è una sorta di involucro della religione dinamica e conserva perciò nelle sue norme e strutture, quasi a raccoglierle dopo una tempesta, tracce amorose dell’immersione intuitiva nell’Essere profondo. Ne segue che per Bergson è possibile, in qualche misura, la parola e la testimonianza, il discorso metafisico e teologico sull’Essere. Per Einstein, invece, tra i due livelli dell’esperienza religiosa non c’è possibilità di conciliazione, al di là di una sporadica emozione non c’è ricerca se non ricerca scientifica. Se per Bergson «La metafisica è la scienza che pretende di fare a meno dei simboli» (Introduzione alla metafisica), per Einstein non esistono che i simboli della scienza.
Non esiste più un problema di Dio e una ricerca di Dio, la sua religiosità cosmica può in definitiva farne benissimo a meno: si tratta, in realtà, di una deificazione delle leggi fisiche. Non deve perciò sorprenderci l’ammirazione di Einstein per quella particolarissima religione atea che è il buddismo e neppure che il suo punto di vista gli permettesse di mettere sullo stesso improbabile piano Buddha, Democrito, San Francesco e Spinoza! In definitiva, la religiosità cosmica è un impulso, un istinto vitale profondo, un raffinato
prodotto dell’evoluzione delle nostre funzioni mentali a cui è saldamente connessa la nostra spinta alla conoscenza; è del tutto plausibile che un domani non troppo lontano una scienza psicologica sempre più raffinata sarà in grado di analizzare tutti gli aspetti di questo tipo di religiosità, analogamente a quanto è stato fatto con l’erotismo, ma questo non esaurirà la questione di Dio più di quanto il rapporto Masters & Johnson non abbia esaurito la complessa realtà esistenziale dell’amore. Esiste ormai una vasta letteratura scientifica sulle motivazioni sociologiche e psicologiche dell’esperienza religiosa - basta pensare ai lavori ormai classici di S.Freud e di E. Durkheim - ma noi sappiamo - intuiamo, senza dubitare del valore gnoseologico della nostra intuizione - che tutto ciò non chiude l’attesa di Dio e che l’analisi delle motivazioni della nostra esigenza metafisica non costituisce, di per sé, una risposta esauriente alle nostre domande...continua su http://samgha.files.wordpress.com/2010/04/diolinguaggio-e-logica.pdf

venerdì 16 aprile 2010

La geografia di un pensiero lineare-sequenziale.


PDF - Antonia Colamonico. Costellazioni di significati per una topologia del pensiero complesso. Il Filo, 2006.


Limiti di un'organizzazione di pensiero lineare - L’occhio-mente uni-dimensionale



Un pensiero uni-dimensionale costruisce le gabbie io e tu, tipiche di un'organizzazione mentis, inconsapevolmente, malata, poiché crea le separazioni di status-valore attraverso le generalizzazioni concettuali che rendono "ferma" la vita.

Il generalizzare la realtà implica che essa, una volta appresa, non sia più osservata per quello che si mostra nel divenire della storia, in quanto ritenuta un già posseduta, un già esplorata, un già conosciuta. In tale fase si smette d'apprendere e si costruiscono le forme astratte d’identità: i pregiudizi.

In tale prospettiva la visione ha lo sguardo rivolto al passato, in quanto costruiti i fotogrammi io e tu, come delle carte definitive di realtà, si fermano nel tempo [Colamonico, A. 2005 (b)]. Tali letture sono univoche, astratte, assolute, tipiche di una mente immatura, pigra che non vuol crescere e sviluppa un'unica mappa ideativa delle relazioni dialogiche che applica, a casaccio, su tutte le nuove dinamiche storiche.

Da tale tipologia nascono le affermazioni: i neri sono sporchi; le donne sono irrazionali; gli uomini sono cacciatori; i musulmani sono terroristi; la destra è fascista; la sinistra è comunista; i cristiani e gli ebrei sono infedeli. In tali affermazioni si costruisce il preconcetto, come costruzione di una presa di posizione storica che avviene prima della stessa comunicazione. Nel preconcetto si annulla la capacità dell’ascolto, in quanto la stessa idea, già costruita, diviene l’elemento di disturbo nella comunicazione.

Essendo l’idea formata, in modo definitivo, non si presta ad essere deformata. Da tali modi nascono le incomprensioni di linguaggio, per cui la stessa parola usata con un contesto differente, non si modella alla nuova nicchia di significato e crea lo scandalo concettuale, tipico di alcuni docenti o accademici che non tollerano le libertà espressive dei ragazzi e finiscono con l’aggredire per il linguaggio improprio. Ma a guardar bene quella forma impropria è semplicemente una sfumatura nuova di significato che ha allargato la parola come il fiocco di neve. In biostoria ho elaborato la metafora del guanto-parola. È bene sottolineare che si sta parlando d’improprio e non di errore. Mi è capitato di recente di avere avuto un diverbio con un accademico sul termine gente che personalmente avevo usato nel modo di San Paolo e lui mi ha bocciata perché privo di significato sociologico. La sua rigidità semantica mi ha rivelato la sua malattia mentale!

La negatività di una tale lettura della storia nasce da una difficoltà cognitiva [Colamonico, A. 2005 (a)] del soggetto lettore-osservatore che non sa e non vuole modificare il punto di vista, implementando in lui la cristallizzazione di una sola idea-emozione, che si fa ossessione.

È quello avvitarsi, precedentemente analizzato, intorno ad un io-tu astratto che finisce col far invecchiare la mente dell’emittente per asfissia informativa e annoiare il destinatario per la ripetitività espositiva, perpetuata all’infinito. Questo ad esempio genera gli stati di insofferenza di fronte a delle lezioni scolastiche, a dei discorsi politici, a delle prediche domenicali. La noia è il segno della perdita di significato. È il primo passo verso la scomposizione dell’io.

Il considerare la realtà come un dato di fatto ormai concluso, porta a irrigidire il pensiero e di riflesso il campo intorno: sono da tali abitudini consolidate che nascono le crisi relazionali. Molti rapporti di coppia sono strutturati su tale monotonia che fa smettere di vedere l’altro come un soggetto vitale e nuovo alla vita.

Molti rapporti docente-alunni sono impiantati su tale visione che porta, una volta definito il voto, a confermarlo per tutto il ciclo di studi. Come pure alcuni rapporti genitori-figli, in cui si è soliti dire tu sei come tua madre, o viceversa come tuo padre, estendendo la lettura del partner, al figlio.

Da tali legami nascono le lacerazioni pirandelliane che dato l’abito, si impedisce all’altro di crescere. Nelle dinamiche mentali e storiche così organizzate si vanno ad avvallare le dittature, viste come rapporti basati sull’autoritarismo e non sull’autorevolezza dei legami democratici.

È importante riflettere sulla mente rigida del dittatore che per compiere le sue follie, ha bisogno di consenso. In ogni dittatura si creano, così, delle gerarchie di potere che si auto-alimentano intorno alle diverse forme di censura delle azioni e del pensiero; si pensi alla creazione degli indici dei libri, alla messa al bando delle parole, delle associazioni politico-sindacali, delle canzoni, dei colori, dei capelli, degli occhi, ecc.

Le dittature nascono, in ognuno di noi, ogni qual volta smettiamo di guardare l’altro e gli costruiamo un’etichetta di valore che resta ferma nel tempo. Essendo la classificazione-etichetta il campo del pregiudizio che fa agire in modo automatico, massificando le tipologie di risposte agli eventi.

La standardizzazione delle risposte storiche rende prevedibile il futuro. In tale rendere massa si costruisce il conformismo che favorisce il diffondersi delle varie forme di razzismo e l’attuazione delle pulizie etniche.

La mente uni-dimensionale è più facile da asservire, da assoggettare, per questo ricercata e rigenerata con politiche scolastiche basate sull’asserzione e il culto del passato, dalle varie forme, dichiarate e no, di potere assoluto. Potere che, per salvaguardasi, cerca di fermare il divenire della storia in un’idea assurda di passato.

È il passato che assume lo stato di realtà e non il presente. In ciò consiste l’ignominia. Bellissima quella affermazione di C. M. Cipolla [1974] – Il passato è morto! O quella del Cristo che sostiene: - lasciate che i morti, seppelliscano i morti. Ogni dittatura è amante della morte e nemica della vita.

L’effetto delle azioni assolutiste è sempre lo stesso, siano esse gerarchie religiose che tendono a trasformare i credenti in osservanti, elaborando gabbie su gabbie di catechismi per imporre dal di fuori, l’etica della vita. Siano gerarchie di lavoro in cui, nelle dinamiche gruppali, è premiato il soggetto convergente, rispetto a quello divergente; il ripetitivo, rispetto al creativo che sconvolge le comodità degli schemi mentali [Goleman, D. Ray, M. Kaufman, P. 2001]. Siano esse le logiche familiari, in cui uno dei genitori o il figlio maggiore o il capo clan si impone come un padre-padrone, fratello-padrone: è più bello essere tutti avvitati intorno alla stessa idea, magari quella del capo, piuttosto che sviluppare tanti punti di vista differenti, intorno alle cose. La democrazia implica impegno.

Da tali logiche profondamente esclusive, ad esempio, è nata la crisi dei Partiti in Italia negli anni ‘80, quando essi si sono involuti in partitocrazie, in cui non si accettavano più le visioni divergenti, sia per l’economia di spartizione delle monete-poltrone e sia per la paura di perdere gli stati di potere clientelare. Crisi che ha innescato una povertà di salto generazionale, in quanto, non accettandosi le divergenze di idee, i giovani hanno finito con l’estraniarsi dalla scena politica. Ancora oggi ne paghiamo il prezzo, quando i ragazzi, ridono della politica, definendola cosa da vecchi e non sono in grado di elaborare la nuova politica.

Esiste, infine, un’altra forma di dittatura quella contro sé stessi, in cui si è portati a chiudersi in un’idea del sé, magari negativa che va a rafforzare lo stato d’inadeguatezza dell’io. Si pensi alle volte in cui si dice: non sono bravo. La matematica non la capisco. Non so amare. Sbaglio tutto nella mia vita. Sono un fallito. Tali affermazioni nascono da una visione statica dell’io, come incapacità a leggere e a adeguare l’idea del sé nel tempo, come quando guardandosi allo specchio si scoprono le prime rughe che spaventano e si vorrebbe fermare il tempo ad una immagine di giovinezza perduta.

In tale gabbia si dimentica che la dinamica della vita ha un andamento fluttuante verso il futuro, con alti e bassi, in cui il soggetto attore con la sua intelligenza e il suo impegno, può invertire e ritardare una tendenza negativa. L’impegno presuppone l’assunzione del ruolo e del rischio storico di vivente, come colui che vive in un tempo-spazio e compiendo azioni risponde agli eventi. La risposta apre alle logiche del campo che arricchiscono di significato la vita.

Il procedere nel tempo è l’accumulo della ricchezza dell’io, per cui ogni età ha il suo grado di bellezza, se ciò non si comprende allora si interviene con un bisturi sulla piega della bocca o sull’arcata del sopracciglio o sulla rotondità della gota, deformando in una maschera, la bellezza di un volto ricco di pieghe di saggezza.

Imparare a vedere nella vecchiaia la bellezza è il salto di tendenza che si dovrà compiere nella società dell’immagine corporea. Esiste il corpo, come il fuori di sé ed esiste la coscienza come il dentro di sé e tra i due ci dovrà essere dialogo. Più sarà viva la dialogica e più la bellezza trasparirà.

Essere se stessi è il compito storico in una prospettiva eco-biostorica; esserlo implica una scelta di valore e, da tale azione del prediligere, si aprirà la cresta di futuro personale e per riflesso sociale.

http://occhiobiostorico.blogspot.com/2010/04/pdf-antonia-colamonico.html

martedì 13 aprile 2010

Alla Palestra della Mente: La topologia della mente del Cristo







PDF -

Antonia Colamonico. Costellazioni di significati per una topologia del
pensiero complesso
.

Il Filo, 2006.

¨

  • Perché Gesù?



Giovanni nel suo vangelo parla della parola che è venuta in mezzo a noi, della luce che si è mostrata e, precisa subito, a cui gli uomini non hanno creduto.

Il discepolo prediletto che si è ritrovato solo ai piedi della croce, ha sperimentato la delusione dell’essere emarginato e ciò gli fa porre immediatamente il dualismo dell’essere incredulo o credente: colui che non ha fede e colui che ne ha.

Cristo, parola-luce del mondo, si pone come il limite, la frontiera che permette di attuare il salto di paradigma tra il vecchio modo e il nuovo modo dell’umanità.

Giovanni, premettendo subito che non tutti lo accetteranno, dà per scontato che tale visione di Uomo-Dio, creerà scetticismo e derisione da un lato e fede dall’altro.

Con tali premesse siamo di nuovo di fronte al bivio o il nulla o il tutto, una biforcazione che segna una demarcazione tra l’essere un fuori o un dentro le mura della Storia. Ma che cosa è così difficile da credere, per l’evangelista?

La vita si è mostrata, meglio il miracolo della vita si è reso visibile. Vita, luce, parola sono i tre confini che danno l’identità del Cristo, colui che viene nella morte, nel buio e nell’ignoranza dell’io nel mondo per spalancare la porta della resurrezione, che aprirà al mondo della pace e dell’amore.

Il Cristo, il verbo che si è incarnato, è l’uomo nuovo, il messia, l’inviato, il salvatore che stringere il nuovo patto di alleanza tra Dio e il suo popolo.

Ecco, riappare nuovamente la disunione dell’umanità tra chi è e chi non è il popolo di Dio. Gesù, con la sua azione nella storia, è proprio su tale divisione che va ad elaborare e lo dice espressamente: non sono venuto per chi crede, ma per chi non crede.

Egli col suo occhio, isola il bordo/frontiera da cui sorgono i dualismi con le scale di valore che scindono l’umanità in classi di sotto-umanità e va a lavorare intorno al confine che trasforma un insieme chiuso, in uno aperto. Cristo va ad operare intorno alle chiusure del mondo e dell’io che creano le gabbie ideologiche.

Tale capacità di lavorare intorno alla frontiera che segna il margine del salto o del cambio di significato, nasce da un occhio-mente de-coordinato in grado di leggere su due e più fuochi di lettura, simultaneamente: l’occhio eco-biostorico.

Ecco il nuovo modo che egli indicherà all’umanità. Un occhio-mente in grado di elaborarsi su più e più coordinate di lettura che permettano le visioni di campo sdoppiato, quali moltiplicazioni di lettura che si aprano alla comprensione del tutto.

Visualizzazioni che aprano la mente-cuore alla complessità dell’io, del mondo e di Dio e chiudano alle riduzioni dell’io, del mondo e di Dio.

È, questa, la nuova forma mentis in grado di ribaltare la logica dell’essere un di meno (Caino) con quella dell’essere un di più (Cristo); incidendo sullo spazio mentale da cui nasce il giudizio storico che attribuisce i gradi di valore (-/+) alle forme della vita.

Si apre, con l’azione del Messia, ad una mentalità che sappia leggere nello stato di ogni abitante della Vita le sfumature di chiaro-scuro con i relativi vuoti/pieni di spugna che rendono tristi e gioiose le realtà.

http://occhiobiostorico.blogspot.com/2010/04/pdf-antonia-colamonico.html

http://biostoria.blogspot.com/2010/04/da-costellazioni-di-significati-per-un.html

Il Filo S.r.l. - Palestre della Mente -

Via S.no Ventura, 47/d
70021 Acquaviva delle Fonti (BA)
Tel. 080 4035889

Amministratore Unico
Dr. Marcello Mastroleo


Boston - MIT / interno area studenti

Perugia. Esame di PH.D.

Collaborazioni

Collaborazioni
la bellezza dell'Umanità

Perugia, Agosto 2008