2° CONCORSO NAZIONALE DI POESIA
“O-Maggio Poetico” ad Oliveto Citra
Presentazione
Antonia Colamonico
biostorica
- Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me?
Il salmista introduce, con questo dolce interrogativo, lo stato mentale e psicologico del Poeta. Essere poeta è una propensione sentimentale, razionale, cognitiva, nonché vitale che nasce da una bivalenza di posizione spazio-temporale, quale doppia capacità di lettura che fa vivere e nel contempo prendere la distanza dalla vita; come un essere dentro/fuori la storia.
Il vivere implica la capacità a dare delle risposte al movimento del campo, elaborando una sequenza d’azioni che, inanellate in successioni di momenti, tracciano il percorso di ogni individuo.
Sono tutte quelle azioni che costituiscono la quotidianità, scandita dal ritmo dell’orologio, che fa essere, ogni giorno, abitante-attore della vita.
Il prendere la distanza dalla vita è lo stoppare la successione degli istanti e creare un vuoto spazio-temporale, in cui rifugiarsi e aspettare di vedere decantare la vita; come l’area della presa di distanza dalle emozioni, dalle ansie, dalle tirannie, dai pregiudizi… per iniziare ad essere il semplice spettatore-osservatore dalle trame che trascinano ogni singola esistenza, verso il privato destino.
Il poeta, pur essendo un attore-abitante storico, non si limita al solo vivere. Egli è il curioso, il ricercatore di emozioni, il cantore dell’anima... l’inquisitore della coscienza…
Come posizionato dietro ad una finestra, egli è attento a chiedersi il perché e il come di ogni singola azione di risposta data, da ogni singolo individuo, al richiamo della vita. Vita che come le Sirene, nel racconto di Ulisse, invita gli uomini a lasciarsi sedurre dalla bellezza di ogni più piccola porzione di storia.
La poesia prende forma in una mente che sappia assume una meta posizione sulla realtà che scorre sotto gli occhi e in tale prendere le distanze nasce la domanda: Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me?
Il poeta, dunque, si muove in uno spazio più complesso di pensiero, in quanto non è attratto dal semplice mostrarsi della realtà, dal semplice agire nella storia, ma dal cosa si cela dietro quel oggetto, quel azione, quel movimento, quel sentimento, quel tempo dell’anima, quello stato d’inquietudine o di gioia.
L’area della sua azione è proprio quella zona d’ombra che sfuma i significati, annulla le certezze e apre la mente al silenzio dell’infinito… e in questo mare di quiete egli, come inebriato, folle, cattura la parola più pura, più preziosa da incastonare nella strofa.
Il poeta è il pazzo, in senso biblico, che strappa il velo dalla normalità, dall’essere scontato, dal vivere, giorno dopo giorno, nella storia, privata e sociale, senza una coscienza di sé.
Cercando di essere più semplici il poeta è il saltimbanco della vita che con le sue capriole leggere è in grado di rovesciare il senso-direzione di un discorso, di una parola, di un’emozione, di un significato, mostrando o, meglio, svelando gli inganni, le grettezze, le ipocrisie, le superficialità con cui si diventa prigionieri dei conformismi, dei sensi comuni d’intendere.
La poesia non accetta l’ipocrisia, ricerca la verità è in tale andare oltre l’apparenza della normalità diviene un potente attrattore storico.
Da sempre i poeti hanno svolto il ruolo di coscienza collettiva, hanno scosso gli animi e hanno dato indirizzo nuovo al percorso della storia.
Si pensi al ruolo di un Dante Alighieri nella nascita di una coscienza italiana o ad un Alessandro Manzoni nel Risorgimento che portò con il suo vero storico all’affermarsi dei principi di libertà nazionali.
In tale essere lo spirito libero di un Paese, il poeta è anche l’escluso, il non allineato ai comportamenti di regime; non è un caso che poeti come Foscolo, lo stesso Dante, Neruda… siano stati degli esuli, poiché essere fedeli alla poesia implica l’essere fedele alla verità che non sempre è ricercata dalle politiche economiche e sociali.
Più è vera una poesia è più grande il suo valore, infatti l’aspetto principale della funzione poetica è nel suo essere Universale. Una lirica non può limitarsi ad esprimere un luogo-emozione circoscritto ad un’epoca particolare o ad un popolo singolo o ad un solo individuo.
La poesia, ricercando la verità storica, si pone sul piano dell’etica universale che fa essere cittadini del mondo. Ed è il mondo, inteso come la totalità passata, presente e futura di tutti i tempi e spazi storici, il destinatario dell’azione poetica.
Esprimere i valori universali è il compito della Poesia, valori che rendono degna la vita di essere vissuta… e non è un caso che Dio chieda al profeta non sacrifici, ma canti di lode; è nel canto dell’anima che trova nido-casa la bellezza che rende il Creatore e la creatura un tutto storico!
Il poeta, con un occhio sdoppiato alla vita e alla verità, è il testimone/specchio che osserva, come un biologo nel vetrino, la vita che prende forma, colore, spazio e tempo, che poi trascrive con una pluralità di immagini, di sensazioni, di lievi percezioni, di infinite figure…
Più il suo occhio si fa raffinato e più la vita prende mille e mille forme; mille e mille aspetti tanto da in/cantare per l’immensa varietà di immagini, di metafore, di ritmi, di suoni e di sfumature e ribaltamenti di significato.
La parola nella poesia si fa gemma viva che sboccia a fare nuove tutte le cose.
Importante ricordare che la poesia non si fa con le idee, con i ragionamenti e le dimostrazioni, le teorie…ma con le semplici parole che si intrecciano, pure, cristalline con le doppie, con le sillabe anche storte, con le strofe e con tutta l’essenza che al/loggia dentro il cuore umano.
La parola nella poesia, come una particella topologica, si apre ai significati, si slabbra e si deforma come un guanto rovesciato e indica ai viandanti della vita i sentieri nuovi per costruire i gradi sempre più ampi di giustizia, di armonia, di amore.
L’essere poeta, dunque, implica la capacità a creare metafore sempre nuove …
come la mosca cede a la zanzara,
vede lucciole giù per la vallea,
forse colà dov' e' vendemmia e ara… (D. Alighieri)
Primavera d’intorno
Brilla nell’aria, e per li campi esulta,
sì che a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
gli altri augelli, contenti, a gara insieme,
per lo libero ciel fan mille giri,
pur festeggiando il loro tempo migliore. (G. Leopardi)
E mi scopro ancora bambina
in un piccolo gesto delle mani.
In uno sguardo rivedo la monella di ieri.
Vasti prati,
alberi giganti,
fiori variopinti,
ginocchia sbucciate… (M. R. Colazzo)
Siede con le vicine
su la scala a filar la vecchierella,
incontro là dove si perde il giorno;
e novellando vien del suo buon tempo,
quando ai dí della festa ella si ornava,
ed ancor sana e snella
solea danzar la sera intra di quei
ch'ebbe compagni nell'età piú bella… (G Leopardi)
Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi? …(G Leopardi)
Dall'Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai,
dall'uno all'altro mar… (A. Manzoni)
Mi sta addosso
come una veste lisa...
la vita
lavata rozzamente con sapone
nell'acqua inquieta di un fiume in piena,
lasciata lì...
su quel cespuglio ad asciugare
fra pungenti spine e dolci more,
preda
ora del vento freddo
ora del caldo sole
di luna stelle e
di rugiada fresca del mattino… (G De Vita)
Oliveto Citra, 30 maggio 2010