Serata “Arte, Poesia e Musica” Sabato 21 Giugno 2008
Presentazione
di Antonia Colamonico
Le produzioni umane sono di natura intellettuale, a differenza degli altri soggetti storici, l’uomo ha una particolarità dovuta alla stessa organizzazione bilaterale del suo cervello che lo porta ad assumere una duale posizione storica: egli agisce e ragiona intorno al suo agire, quindi è un soggetto pensante che produce sistemi di pensieri che assumono una indipendenza storica, in quanto finiscono col divenire il Patrimonio dell’Umanità.
Possiamo definire le conoscenze con i relativi saperi delle realtà storiche a tutti gli effetti che fanno da trama alle azioni umane. La trama, come una tela di ragno, costituisce la memoria storica che apre la vita alle dimensioni di passato e di futuro: Leopardi mise in evidenza tale primato umano quando riflettendo sulla differenza tra il passero solitario e lo stesso Giacomo, definiva la Coscienza come la consapevolezza della infelicità cosmica.
La costruzione della profondità del pensiero si organizza, come sottolineò Sant’Agostino, intorno alla capacità prevalentemente umana di dilatare la coscienza, superando il limite dello stato di presente, il tempo 0, e aprirsi all’infinito.
Da un punto di vista biostorico un’ape e un uomo si differenziano non tanto nella capacità operativa, entrambi agiscono, quanto nelle possibilità di aprirsi ai piani dei passati, prossimi e remoti, e dei futuri, semplici e anteriori.
Questa capacità a costruire livelli di immaginati e costrutti di linguaggi permette di superare il piano del contingente; dà la libertà alle coscienze private e collettive di entrate in modo creativo nel processo storico.
L’uomo a differenza dell’ape può edificare sistemi di strutture artificiali, si pensi ad una radio o a un telefonino… che vanno a intersecarsi nei piani storici, per cui si può parlare di un’organizzazione esponenziale della Civiltà, come processo di emancipazione dalla semplice animalità.
- Nel processo dialogico io-campo l’uomo giunge a dialogare con se stesso, col fratello, con la natura, con DIO.
Tale emancipazione cognitiva è partita dal primo uomo che si è incantato di fronte al creato, il primo uomo che si è emozionato aprendo la mente e il cuore alla Poesia.
Sin dall’antichità, nella scala delle produzioni, il primo posto spettava alla poesia considerata come colei in grado di donare l’immortalità; si pensi al Foscolo o al Petrarca che ambivano ad essere riconosciuti poeti o al valore di opere come l’Iliade e l’Odissea attribuite ad un cantore cieco, Omero.
Si pensi al ruolo storico della Divina Commedia che ha dato la dignità nazionale alla struttura linguistica fiorentina.
- La poesia aprendo la mente alla profondità della vita, permette di indagare le azioni umane, di classificarle, criticarle, smascherarle, mostrando gli inganni, le ingiustizie, le sofferenze, le inimicizie, le idiozie.
Pensate agli errori storici, ai genocidi, alle deturpazioni dell’habitat, ai soprusi, a tutte quelle scelte di morte che fanno dell’uomo, come dice E Morin, un sapiens-demens.
L’umanità,come binomio angelo-demone, è solita nelle scelte di vita sbagliare, lasciarsi sedurre dagli inganni del potere, della ricchezza, del piacere, le tre fiere della Valle Oscura dantesca, e nel far ciò mette a tacere la coscienza. In questo, mettere in ombra la verità, entra il poeta che diviene la sentinella che grida dalla solitudine di una torre che la fine può giungere inaspettata, nella notte della coscienza.
La poesia come il piano più profondo della conoscenza apre ai valori universali e richiama le menti a non perdersi nei discorsi effimeri, stupidi che non hanno possibilità storica.
Solo nel novecento, il secolo della tecnologia, del petrolio e della plastica la poesia è divenuta una donna sottomessa, un’ancella che vive nascosta dietro le quinte della scena storica. Perdendo il rapporto con la poesia la nostra società ha di fatto tagliato il filo dell’invisibile che annoda il tempo presente nella rete dell’infinito. Rinunciando al poeta la Società dell’automobile ha di fatto perso il senso profondo della vita e questa, circoscritta all’attimo di presente, si è bruciata, frantumandosi nei rigagnoli della stupidità dell’effimero che muove le mode.
Declassando la poesia si è di fatto declassato l’uomo all’animalità, al consumare la vita senza avere coscienza del valore di essere una scheggia di finito che si apre al tutto dell’infinito.
Essere parte del creato, essere respiro della Storia, essere coscienza dell’umanità, essere parte di Dio, sono queste le mete a cui la poesia ci fa approdare, rive di grande significato che danno sazietà.
Nel momento in cui compie la sua fatica il poeta è sazio e questo spiega il perché del suo essere povero. Il poeta è occhio che vede quello che i più non notano, è anima che si duole a livello cosmico della sofferenza dell’umanità, che gioisce della bellezza del creato. Egli ricorda ai mortali "Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza"...
È un privilegio essere qui, questa sera tra i poeti e spezzare insieme il pane della poesia. Credo profondamente, da biostorica, che quando l’umanità avrà perso la poesia, essa stessa avrà smesso di esserci nella storia, poiché perdendo la sua anima, avrà perduto la sua funzione storica, quella di lodare e ringraziare la vita per la sua bellezza.
Ancora le parole
Le parole dei
poeti
orditi di risposte
al disordine
dei miei
pensieri.
Gioco a
tessere
pagine nuove
sui fili antichi.
Parole vecchie
E nuove
Anch’io ho
voglia
di tramare
i grovigli
dei tuoi
pensieri.
(da Il Filo, in Le stagioni delle parole. A. Colamonico, 1994, inedito)